Whisky Giapponese. Non è tutto oro quel che luccica.

Whisky giapponese

Il whisky giapponese ha conquistato il palato degli intenditori di tutto il mondo, ma dietro il suo successo si cela una realtà complessa. Non tutto ciò che viene etichettato come “whisky giapponese” può essere considerato tale, e in alcuni casi, nemmeno whisky.

L’industria del whisky in Giappone ha attraversato momenti difficili, in particolare a metà degli anni ’80, quando il declino della produzione si fece sentire. Tuttavia, in un paradossale colpo di scena, marchi nuovi e sconosciuti hanno iniziato a farsi strada nel mercato. Questa apparente contraddizione è il risultato di regolamentazioni piuttosto flessibili nel paese, che consentono miscele di whisky importato e locale di essere vendute come “giapponesi”. Inoltre, esiste la possibilità di classificare come “whisky” un distillato composto solo per il 10% da whisky, mescolato con altri alcolici neutri. Anche se questo prodotto non può essere esportato, gli imbottigliatori possono vendere all’estero distillati al 100% di whisky importato, spacciandoli per giapponesi.

C’è anche un’altra curiosità: il riso invecchiato e il shochu d’orzo, se distillati in alambicchi di acciaio, possono essere etichettati come “whisky” sul mercato statunitense, sebbene questa pratica sia vietata in Giappone e nell’Unione Europea. Negli Stati Uniti, però, il shochu può ricevere questa etichetta, purché sia prodotto con cereali e invecchiato in botti di rovere.

Emiko Kaji, responsabile dello sviluppo commerciale del whisky di Nikka, ha sottolineato l’assenza di una definizione universale per il “whisky giapponese”, rendendo il termine vago e soggetto a interpretazioni. Questa ambiguità ha portato all’emergere di produttori che cercano di sfruttare la crescente domanda di whisky giapponese, ma ciò potrebbe risultare dannoso per l’intera categoria.

Stefan Van Eycken, editore di Nonjatta, la principale risorsa online sul whisky giapponese, ha osservato che mentre la nascita di nuovi marchi non è di per sé un problema, rischia di compromettere l’immagine del whisky giapponese a livello internazionale. Molti professionisti del settore hanno difficoltà a distinguere tra autentico whisky giapponese e prodotti di qualità inferiore.

Sebbene nessuno di questi nuovi marchi stia infrangendo la legge, i produttori consolidati avvertono che la confusione tra i consumatori potrebbe portare a una perdita di credibilità per l’intero settore. Yumi Yoshikawa, ambasciatrice del marchio Venture Whiskey Ltd., ha condiviso la sua preoccupazione per l’impatto di questi marchi emergenti sulla reputazione del whisky giapponese.

Il Master Blender di Suntory, Shinji Fukuyo, ha affermato che la definizione di “whisky giapponese” dovrebbe applicarsi solo a distillati invecchiati prodotti esclusivamente in Giappone. Tuttavia, la mancanza di regolamentazione continua a rappresentare un ostacolo alla risoluzione di questa problematica.

Van Eycken è scettico riguardo a una rapida soluzione, poiché ci sono troppi interessi a mantenere lo status quo. Se la situazione non verrà affrontata tempestivamente, il mercato potrebbe essere inondato di whisky surrogati, mettendo a rischio la reputazione di qualità costruita con tanta cura nel whisky giapponese.

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